marzo 05, 2017

ARANDE ROSSO SANGUE ovvero ARAZZO D'AMORE

Lo confesso: io uso il blog per scopi personali. E ho ragione di farlo. Quanti saranno quelli che ci finiscono dentro per caso? Se va bene, uno al giorno. Una miseria. Per cui: ecco trasformato Ci piace l'Italiano in un quaderno di APPUNTI. Con il vantaggio che avendo virtualmente il  blog un pubblico, sono costretto a scrivere in modo comprensibile, partendo da un assunto, senza lasciare nulla al caso. 

Anche Facebook lo uso così. Lì ci sono però persone in carne ed ossa che mi leggono e so anche chi sono. Meglio. Il feedback è assicurato. E produce conoscenze.

Ma veniamo al romanzo di cui in questo momento mi sto occupando: Arance rosso sangue di John Hawkes. 


Preferisco però chiamare questo romanzo del 1970 con il titolo che gli fu dato in Italia nell'edizione einaudiana del 1974: ARAZZO d'AMORE. Questa dicitura compare infatti più e più volte nel corso del romanzo. Mentre le arance rosso sangue, a cui viene paragonata la palla infuocata del sole che si liquefa e che bacia i corpi dei quattro amanti (Cyril, Fiona, Hugh e Catherine), se non vado errando compare una volta soltanto.

La prima constatazione è extra-narrativa: Hawkes, che aveva una bella faccia ridente (anche se un suo allievo, Rick Moody dice di lui che era un omino smilzo e con una specie di sorriso sghembo), da noi è stato pressoché ignorato.




Su 21 scritti pubblicati in America, in Italia ne sono stati tradotti solo due: Seconda pelle (1964) e, per l'appunto Arance rosso sangue.
In compenso i giudizi su di lui sono impressionantemente unanimi. Insomma, parrebbero confezionati al ciclostile. 


La prima cosa che - immancabilmente - si dice di lui è che è uno dei grandi maestri (oppure uno dei padri) del post-moderno americano. Ma non grande come Pynchon, evidentemente, visto che ben pochi sanno chi è.  Librai in testa. A Pynchon ha giovato, evidentemente, la ritrosia quasi patologica. Oppure, chi lo sa, l'amicizia con DeLillo. Ma sono solo le congetture velenose di chi (come me) preferisce di gran lunga il nostro omino smilzo al romanziere funambolico di Arcobaleno della gravità.

Venendo ad Arance rosso sangue, non è vero che non c'è una trama e che non ci sono dei personaggi. Non è vero, insomma, che Hawkes "sospende i tradizionali vincoli della narrativa", come sostiene Wikipedia. Come non è vero che il romanzo sia costruito su una "spiazzante sequenza di flasback" (Umberto Rossi). C'è semplicemente un pacato, seppur insistente, anda e rianda fra il dopo e il prima. E c'è una narrativa che non aspira a raccontarti la realtà, a raccontarti la società, a raccontarti la sofferenza e il male. Insomma, la narrativa c'è, ma è un'altra narrativa. Più difficile da cogliere e da apprezzare.

Quello che seduce e conturba in questa storia fuori dal tempo è esattamente il fatto di essere una storia un po' fuori dal tempo, che sembra quasi svolgersi in una lontana epoca pagana. Ma senza riverberi mitici o mistici o letterari.
Merito o colpa sicuramente del protagonista, Cyril, che è il testimone della vicenda. Uomo grosso, bianco, atletico, raffinato. A suo modo un "grande amatore". E di sua moglie Fiona, che lo asseconda nei continui scambi di coppia, ma tuttavia ha una sua prepotente personalità, alla quale il protagonista nonché voce narrante si arrende sempre.
Ma soprattutto è il linguaggio che conferisce quest'effetto estraniante alla vicenda. Un linguaggio sovra-dimensionato. Un linguaggio invadente. Un linguaggio che è sicuramente il principale oggetto delle attenzioni di Hawks.
Grazie ad esso una storia in fondo banale, di coppia aperta, acquista un fascino lirico, indefinito.

C'è anche un qualcosa di claustrofobico in questa storia, che non è piccante come ci si potrebbe aspettare, visto che è  pur sempre una storia erotica. Claustrofobica perché ti estrania dalla comune realtà. Ma non ti immerge  in un'altra realtà.  Piuttosto ti lascia orfano del rapporto con la realtà. Insomma. Con Arazzo d'amore siamo poco nella veglia. Men che meno siamo nella letteratura erotica. Diciamo che siamo piuttosto nell'aura magica e immaginifica dei ricordi  dei bei tempi andati.




Anche la psicologia dei personaggi, come la trama, è evanescente e produce tante belle colorate bolle di sapone. Anche quando (come nel caso di Hugh, l'anima nera del gruppo)  si vive più di tormenti che di appagamenti.


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