marzo 09, 2017

JOHN HAWKES: le scene madri di Arance Rosso Sangue

Ne abbiamo già parlato, di questo romanzo, che credo sia sconosciuto ai più e verso il quale io ho invece una strana coazione a ripetere. Non mi stanco, in altre parole, di rileggerlo. 
Credo che ad attirarmi sia l'atmosfera che circola nelle sue pagine, per definire la quale non riesco tuttavia a trovare l'aggettivo giusto. Crepuscolare? Se  attribuiamo al termine crepuscolare il significato di narrativa delle piccole cose, beh, nel caso di Arance Rosso Sangue (ovverosia di Arazzo d'amore)... ci siamo... e non ci siamo. Ci siamo perché la trama del romanzo è fatta di cose minime: imboscate d'amore, gesti, allusioni, collusioni, manovre seduttive. Non ci siamo perché nell'Arazzo d'amore la quotidianità non ha una parte significativa. Al contrario, scorre via quasi come se non ci fosse o contasse ben poco. Ciò che conta è solo l'idillio.
Si veda un caso emblematico e cioè l'incontro fra la coppia Cyril-Fiona e la coppia Hugh-Catherine. I quattro si conoscono quando la corriera che trasporta la seconda coppia, con le tre figlie e il cane, deraglia in un maleodorante canale. Tutto il paese si affanna per tirarli fuori e finalmente, dopo svari sforzi inutili, la famigliola esce indenne dal tetto della corriera. 
Orbene, tutto questo viene raccontato in chiave sottilmente umoristica e viene raccontato unicamente perché sfocia nella possibilità di una combinazione a quattro.

La cosa curiosa è che in quasi tutta la sua produzione John Hawkes è un autore pulp, affascinato dalla violenza. Il suo primo romanzo, The Cannibal (1949) è una fosca storia ambientata nella Germania incendiata dalla guerra. Seconda pelle (1964) ha come tema dominante l'abiezione. Qui invece, come suggerisce il titolo einaudiano Arazzo d'amore (1974) siamo invece immersi dalla prima riga all'ultima nei dolci sollazzi e nei piccoli patemi dell'amore e se sul quadrilatero amoroso a un certo punto piomba imprevista e funesta la tragedia, l'atmosfera rarefatta del romanzo non muta per colpa di questo incidente di percorso. Cyril, il protagonista, continuerà infatti a tessere i suoi arazzi d'amore. E lo farà questa volta con una giovane "indigena" capitatagli a tiro quasi per caso.
Non è certo, Arance rosso sangue, il Romanzo Americano (grande o piccolo che sia) . Ovverosia non racconta l'America, né pretende di salvarla da se stessa.



Di Americano, anzi, non ha proprio nulla. Non si svolge negli States. I quattro protagonisti non sono i classici perdenti o vincenti del teatrino a stelle e strisce. Vivono non si sa di che. Vivono all'estero ma non si sa dove (in un arretrato paese mediterraneo, questo sì, ma potrebbe essere la Grecia, il Portogallo, il Marocco, l'Italia meridionale...). Hanno tre figlie e un cane, ma questo non gli impedisce di flirtare notte e giorno sotto un pergolato o sulla spiaggia. Sono dediti ai giochi d'amore. Ma il loro erotismo ha la leggerezza di un minuetto. Tranne che per Hugh. Quello che farà volare per aria le carte e rovescerà il tavolo da gioco. 




Ci sono tuttavia in questo romanzo senza grandi sviluppi (a meno di non considerare uno sviluppo il suicidio di Hugh)  alcune scene madri in cui l'atmosfera vaporosa, momentaneamente, si addensa. Sono quasi dei piccoli arazzi nel grande arazzo d'amore. 
Ne cito due, a caso. La prima è la scena che si protrae per 6 pagine in cui Cyril maliziosamente denuda i seni della moglie, attendendosi da Hugh che lui faccia altrettanto. Ma naturalmente Hugh non lo farà e - a scoperchiare i propri seni - sarà costretta a farlo da se stessa la moglie di Hugh, Catherine. L'altra è la scena in cui Cyril e Hugh fotografano, spogliandola a poco a poco, in un crescendo che però non diventa mai erotismo compiuto, una giovane contadinella del posto, che poi diventerà la governante di Cyril.

Chi ha un minimo di dimistichezza con la letteratura amorosa, antica, medievale, moderna farà sicuramente fatica a inquadrare nel genere erotico questo romanzo. Qui non c'è mistica e non c'è carnalità. C'è solo un erotismo fatto di parole e di gesti. Niente Georges Bataille. Niente Anais Nin. Niente Nabokov. Niente Henry Miller. A voler citare qualche romanziere che vagamente gli assomigli, l'unico nome che viene alla mente è quello di Queneau. Con il quale Hawkes ha in comune più che l'erotismo una certa tendenza allo sfottò
C'è da dire che molto dell'effetto divertito di questo romanzo è determinato dal racconto in prima persona. Ed è il racconto di Cyril, non quello di Fiona o di Hugh o di Catherine. Cioè il racconto del personaggio meno problematico, fisicamente più dotato (Hugh, oltre ad aver un braccio solo, soffre di cuore), più compiaciuto e forse più determinato del gruppo. Insomma, il cane alfa della cordata amorosa.
Vi consiglio a questo punto di leggere le recensioni che figurano su AnobiiCe n'è in pratica una sola a favore di Hawkes. Che condivido in pieno. Agli altri, uomini e donne, il romanzo è sembrato barocco, inconcludente, verboso. Il romanzo di un "minore". C'è da dire che tutte queste stroncature non fanno minimamente testo. Ti fanno solo venir voglia di deprecare la tendenza della gente a esprimere opinioni anche in campi dove non è ferrata. O meglio: dimostrano come sia difficile capire un autore e soprattutto un autore raffinato, indifferente al dato di cronaca, come Hawkes. Lettori di questo tipo si fanno condizionare dall'idea che un romanzo sullo scambio di coppia si possa scrivere in una sola maniera. Magari quella, incentrata sulla denuncia dei vizi della middle class, suggerita da Updike (Coppie, 1968). Lettori come questi non sanno cogliere l'opportunità che offre ogni autore valido: aprire spiragli nuovi nella realtà della letteratura.

Una valutazione più attenta nella recensione di Fior di Libri.





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